Scrivere di cosa-, ecco a chi piace scrivere- in realtà non
esistono argomenti privilegiati – se non le proprie passioni, che potrebbero essere trasferite su foglio,
ma poi diventa un discorso personalistico o solo per gli appassionati allora
scrivere comunque, ma di idee vaganti
che diventano pensieri più o meno importanti nel mentre tutto è fluido…come
adesso che mi passa per la testa di raccontare la storia di quel tale che era talmente paziente
che a forza di aspettare… poi è morto.
Quindi c’è un limite, se si vuole vivere. L’equilibrio, la
volontà, la pazienza: la giusta misura delle cose rimanda alla saggezza,
termine poco avvezzo al potere, o meglio l’essere saggio non paga, in un mondo
dove si vive al secondo, e dove la lungimiranza è un pericolo.
Edulcorare la realtà è uno stratagemma del nostro cervello
per autoconvincerci che vivendo nel cogliere l’attimo ci sia un appagamento, ma
non può e non deve avvenire a tutti i costi,
perchè tanto non sposta nulla;
(della serie : chi prima non pensa, all’ultimo sospira) perché nel cogliere l’attimo non si ha il
tempo di riflettere – fa notte, fa
giorno; ed arriva un altro 27. Ottimo.
Gli stessi meccanismi che ci inducono a vivere al secondo
sono sponsorizzati da chi è abituato a riflettere troppo. Anche riflettere
troppo provoca danni. Specialmente a coloro che sono senza
occupazione. Ad esempio in Italia
riflettono troppo i tribunali nell’emettere le sentenze , i politici nel fare
quelle poche leggi che abbiano un senso e siano efficaci e abolire quella miriade di norme spesso contradditorie fatte
per far riflettere bene gli stessi tribunali
prima di emettere le sentenze, mentre la politica e la magistratura litigano
par capire chi comanda di più, (in realtà è una mossa per far arrivare prima il
famoso 27); i sindacati a riflettere se è il caso che Marchionne venga proclamato
beato, l’Europa a riflettere se in Africa convenga o meno bloccare il virus
Ebola, ecc.ecc.
Riflettono troppo perché hanno troppa pazienza, (fa notte-
fa giorno, arriva un altro 27), solo che a morire è il senso stesso della
civiltà e della dignità umana, di tutti gli altri che fa notte e fa giorno ma
lo stipendio non c’è.
Quella sensazione di nullità, che ognuno di noi ha provato
di fronte ad un’evidente perdita di tempo, nel cercare di risolvere un problema
inesistente, creato ad hoc per favorire
determinati meccanismi balordi, bene: quello è morte della civiltà.
(EMBLEMATICO IL CASO AMIANTO EX PASTIFICIO D’ALESSANDRO)
Adesso mi sposto, anche perché stare troppo vicino
all’amianto fa male.
Mi domando se leggere condizioni i miei pensieri a tal punto da
annullare il mio io, prevalendo le opinioni di colui che dice, o anche tace, nelle pagine avvolgenti di un saggio di
filosofia, interessante come la bagna cauda nei giorni di solleone.
Anche perché i filosofi argomentano tenendo conto del proprio
io, ma l’io del mondo è talmente variegato che a latitudini diverse le opinioni
convergono non per la bontà dell’idea, ma per la convenienza del momento,
spesso anche per la fame.
Come venirne a capo : se un essere umano fosse lasciato
libero, senza condizionamenti, senza falsi bisogni, senza illusioni, senza
paradigmi, riuscirebbe a vivere?
Ci sarebbe una volontà ad andare avanti? Ci sarebbe una possibilità di raziocinio? Ci
sarebbe uguaglianza? La filosofia è bella se tutti fossimo allo stesso livello,
ma così combinati è più affascinante la guerra.
E’ possibile un mondo migliore, io ci credo; ma purtroppo la
bagna cauda non mi piace, figuriamoci col solleone!!!
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