autunno

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venerdì 28 agosto 2015

turno notturno

Turno di notte. Al varco due ex uno rumore di macchine che passano in autostrada. Il mio lavoro stanotte è stare sveglio. Intorno alle 5,30 i primi operai del cambio turno. Dalle 6,30 un pò di movimento. Fino alle 8.  Ma oggi è sabato. Sarà probabilmente una nottata tranquilla. Anche se nel lavoro la tranquillità non esiste. Prima perché di lavoro non ce n’è, poi perché quando c’è di lavoro si può morire,  perchè  di nuovo non se ne crea,  che chi ci governa pensa ad altro; e poi perché quello che c’è è a rischio, a tempo indeterminato : nell’indeterminazione si concentra l’essenza stessa di questi tempi moderni, nel voler vivere di bisogni effimeri, di per se stessi indeterminati, che danno delle piccole soddisfazioni momentanee ma di fondo una condizione di infelicità diffusa, quando il tuo intimo avverte che non sono i fondamentali.
Chiedendo ad un giovane se è felice, mi risponde che con tutti i confort e gli strumenti che ha a disposizione, comunque avverte una sensazione di malessere, difficile anche da spiegare.  
Ritengo provenga dalla consapevolezza di non poter programmare il suo futuro, quindi la propria vita così come noi della generazione dei cinquantenni, ultimi fortunati, abbiamo tentato di fare, con riuscite più o meno diverse.
Hanno perso l’entusiasmo dei vent’anni. Quello che noi avevamo, perché ti guardavi intorno e c’era da fare, da lavorare, e se avevi voglia, da pianificare.
Il ventenne di oggi si trova imbrigliato nell’incapacità di decidere se studiare, stare a casa, andare all’estero o accontentarsi qui di piccoli lavoretti saltuari, che gli permetteranno di comperare si e no le sigarette.
La sensibilità dei giovani è aumentata. E’ solo un pregiudizio pensare che noi eravamo meglio. Non è vero. E’ aumentata però anche la fragilità. Perché nell’incertezza meglio cogliere l’attimo, e l’attimo non fa pensare alle conseguenze. Allora alcol, fumo, droghe : è vivere con leggerezza il momento  presente che interessa, tanto il futuro non esiste.
 Se la disoccupazione giovanile in Italia sfiora il 50%,  sono intere generazioni che rischiano il baratro.
Come uscirne: le ricette ci sarebbero, ma la politica riscalda sempre le stesse pietanze, che ai giovani in realtà piacciono anche poco.  Un esempio : se gli investimenti  in ricerca sono fermi da anni, e dall’altro le nostre  Università sfornano migliaia di bravi ricercatori, mi chiedo se esista una interconnessione tra lavoro da inventare e laureati da occupare. Se le due cose  viaggino di pari passo, o se stiamo solo perdendo tempo, denaro, cervelli.
Decidiamo quindi se è il caso di iniziare ad interfacciare le due cose, altrimenti sono chiacchiere. Lavoro non se ne creerà mai. La politica decida di spostare risorse dove il lavoro serve ad evitare poi interventi in emergenza, ad esempio nella difesa del territorio, nelle ristrutturazioni edilizie in zone sismiche, nelle unicità, che hanno reso l’italia famosa nel mondo.
Altrimenti chi può andrà via, gli altri galleggeranno in situazioni frustranti e mortificanti, il paese tutto fallirà.

Si ferma una macchina all’ingresso del varco. Esco. Mi avvicino. E’ una ragazza insieme a sua madre. Mi chiede se può fermarsi dieci minuti per riposare un po’.  Io le dico che dieci minuti va bene, è un’ora tranquilla. 3,27. Scambio con lei qualche battuta. Sta rientrando da Monaco. È diretta a Vibo. E’ laureata in ingegneria elettronica. 26 anni.  Parla tre lingue. Ha paura dell’aereo. E’ andata in Germania per un colloquio di lavoro. La hanno assunta. Il primo di settembre inizierà in una piccola industria di componenti per l’ aereonautica.

E’ bello chiacchierare con lei. Si vede che è in gamba. Però si vede anche che è triste. E’ stanca. Ma non del viaggio, tantomeno della notte. E’ la stessa mia stanchezza. Di questa Italia. 

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