Turno di notte. Al varco due ex uno rumore di macchine che
passano in autostrada. Il mio lavoro stanotte è stare sveglio. Intorno alle
5,30 i primi operai del cambio turno. Dalle 6,30 un pò di movimento. Fino alle
8. Ma oggi è sabato. Sarà probabilmente
una nottata tranquilla. Anche se nel lavoro la tranquillità non esiste. Prima
perché di lavoro non ce n’è, poi perché quando c’è di lavoro si può morire, perchè di nuovo non se ne crea, che chi ci governa pensa ad altro; e poi perché
quello che c’è è a rischio, a tempo indeterminato : nell’indeterminazione si
concentra l’essenza stessa di questi tempi moderni, nel voler vivere di bisogni
effimeri, di per se stessi indeterminati, che danno delle piccole soddisfazioni
momentanee ma di fondo una condizione di infelicità diffusa, quando il tuo
intimo avverte che non sono i fondamentali.
Chiedendo ad un giovane se è felice, mi risponde che con
tutti i confort e gli strumenti che ha a disposizione, comunque avverte una
sensazione di malessere, difficile anche da spiegare.
Ritengo provenga dalla consapevolezza di non poter
programmare il suo futuro, quindi la propria vita così come noi della
generazione dei cinquantenni, ultimi fortunati, abbiamo tentato di fare, con
riuscite più o meno diverse.
Hanno perso l’entusiasmo dei vent’anni. Quello che noi
avevamo, perché ti guardavi intorno e c’era da fare, da lavorare, e se avevi
voglia, da pianificare.
Il ventenne di oggi si trova imbrigliato nell’incapacità di
decidere se studiare, stare a casa, andare all’estero o accontentarsi qui di
piccoli lavoretti saltuari, che gli permetteranno di comperare si e no le
sigarette.
La sensibilità dei giovani è aumentata. E’ solo un
pregiudizio pensare che noi eravamo meglio. Non è vero. E’ aumentata però anche
la fragilità. Perché nell’incertezza meglio cogliere l’attimo, e l’attimo non
fa pensare alle conseguenze. Allora alcol, fumo, droghe : è vivere con
leggerezza il momento presente che
interessa, tanto il futuro non esiste.
Se la disoccupazione
giovanile in Italia sfiora il 50%, sono
intere generazioni che rischiano il baratro.
Come uscirne: le ricette ci sarebbero, ma la politica
riscalda sempre le stesse pietanze, che ai giovani in realtà piacciono anche
poco. Un esempio : se gli investimenti in ricerca sono fermi da anni, e dall’altro le
nostre Università sfornano migliaia di
bravi ricercatori, mi chiedo se esista una interconnessione tra lavoro da
inventare e laureati da occupare. Se le due cose viaggino di pari passo, o se stiamo solo
perdendo tempo, denaro, cervelli.
Decidiamo quindi se è il caso di iniziare ad interfacciare
le due cose, altrimenti sono chiacchiere. Lavoro non se ne creerà mai. La
politica decida di spostare risorse dove il lavoro serve ad evitare poi
interventi in emergenza, ad esempio nella difesa del territorio, nelle
ristrutturazioni edilizie in zone sismiche, nelle unicità, che hanno reso
l’italia famosa nel mondo.
Altrimenti chi può andrà via, gli altri galleggeranno in
situazioni frustranti e mortificanti, il paese tutto fallirà.
Si ferma una macchina all’ingresso del varco. Esco. Mi
avvicino. E’ una ragazza insieme a sua madre. Mi chiede se può fermarsi dieci
minuti per riposare un po’. Io le dico
che dieci minuti va bene, è un’ora tranquilla. 3,27. Scambio con lei qualche
battuta. Sta rientrando da Monaco. È diretta a Vibo. E’ laureata in ingegneria
elettronica. 26 anni. Parla tre lingue. Ha
paura dell’aereo. E’ andata in Germania per un colloquio di lavoro. La hanno
assunta. Il primo di settembre inizierà in una piccola industria di componenti
per l’ aereonautica.
E’ bello chiacchierare con lei. Si vede che è in gamba. Però
si vede anche che è triste. E’ stanca. Ma non del viaggio, tantomeno della
notte. E’ la stessa mia stanchezza. Di questa Italia.
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