Federico teneva molto alla famiglia. Amava sua moglie, una
persona molto buona e comprensiva, che aveva sposato dopo una storia nata in
età adolescenziale e continuata per molti anni senza gravi motivi di scontro.
Il luogo comune del “d’amore e d’accordo.” Infinito l’amore per i
suoi bambini. Rifletteva nel grande la sua intelligenza, essendo
precocissimo e dotato di una memoria straordinaria. Il piu’ piccolo , cherubino
o viso d’angelo, come lo chiamava lui, era di una bellezza particolare.
Sembrava un angioletto della pubblicità dei cioccolatini, probabilmente lo era
anche lui tanto era forte la voglia di mangiarlo. Aveva stessa
bocca e sguardo del padre.
Una persona che possedeva dentro di se così tanto amore che
non riusciva ad esaurirlo anche dandone tantissimo alla famiglia, e così lo
riversava nel lavoro, nella musica, nelle relazioni con gli altri, sentiva di
amare persone e cose con le quali aveva a che fare, che meritavano le sue attenzioni.
Con questo spirito bisogna inquadrare il suo atteggiamento
verso la ragazza disegnata, Emanuela, la cui sensibilità era tale da lasciar
trasparire a Federico di poter tranquillamente riversare su di lei parte di
quell’amore che aveva dentro.
-
“Non ti sembra strano che tu sin dalla prima
volta che ci siamo incontrati ti sei aperta con me raccontandomi cose tue
intime con tanta naturalezza e senza inibizioni?”
-
“– Si, è
vero, e questo mi fa paura.”
Le ragazze dicevano che Federico avesse labbra particolari,
di colore rosso porpora e taglio sensuale.
Baciando,
trasmettevano calore ed energia, sensazione di piacevole appagamento.
Era convinto che la sua parte fisica apprezzata dalle donne fossero le labbra, insieme al suo sguardo, molto attento e capace di penetrarne il carattere, talvolta
creando imbarazzo in chi lo guardava nella convinzione che con un
semplice sguardo lui riuscisse a comprendere i pensieri più intimi.
Ma era il suo non giudicare gli altri, che lo poneva in una
condizione di osservare le persone con quel senso di meraviglia nell’avere la
conferma che ognuno, nella sua unicità, in fondo appartiene a quella stessa
emozione universale, che ci fa uguali nell’avere le medesime reazioni,
prevedibili; quando il pregiudizio o peggio l’ignoranza fa di uno sguardo uno strumento
di valutazione.
A Federico interessava l’essere interiore, che si nascondeva
in quell’involucro, che mostrava di se l’impronta superficiale, del pregiudizio facile preda, ma della cui essenza sentiva il profumo, restandone
affascinato.
Mentre è la superficie che crea il pregiudizio è
l’interiorità che ne può dare conferma, nel giudizio; e soltanto analizzandola col
filtro dell’intelligenza si può collocare la
persona in una delle due categorie di appartenenza, a seconda delle sfumature
del carattere : normale o speciale.
In attesa della collocazione ognuno di noi diventa contemporaneamente cavia nell’essere osservato
e sperimentatore che osserva; uno sguardo più o meno intenso stabilisce il
rapporto di sudditanza in chi abbassa prima gli occhi…
Federico era spesso
rimproverato dalla sua compagna per quella sudditanza psicologica che incuteva
col suo sguardo. Ma era poi vero?
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